RACCONTO

Diventare mamma: ce lo insegnano i figli

Quando ero adolescente, mia madre mi chiedeva: “Ti piacciono i bambini?”. Le mie risposte erano sempre schifate, con smorfie, parole poco ripetibili e commenti negativi. Onestamente non si può certo dire che io sia nata mamma.

Crebbi, diventai donna ma, parlando chiaramente, non avevo mai preso un bambino in braccio, per paura di non essere capace nel tenerlo, paura che mi sbavasse addosso, paure di ogni genere. Anche le mie amiche mi prendevano in giro quando rimasi incinta di Vittorio, dicendo che mi avrebbero regalato un guinzaglio per la mia lista di ansie da prestazione e la mia testa concentrata su lavoro, sport, viaggi, obiettivi da raggiungere e tutto tranne diventare mamma; oppure dicendo che mi sarebbe nato pechinese, con la faccia schiacciata sotto i miei addominali.

La gravidanza fu un regalo meraviglioso, vivendola fisicamente bene, lavorando in cucina fino alla settimana prima del parto, riuscendo ad abbinare sport e tutto ciò che mi faceva star bene. Per la mia lista infinita di ansie, riuscii a trovare una soluzione iniziando, ancora prima di partorire, a fare colloqui per la futura tata, iniziando a cercare una soluzione che mi avrebbe permesso di lavorare, aiutandomi nel mio grande cambiamento di vita: essere mamma.

Una delle cose che alcuni pensano sia di aiuto per me fu traumatica: fu la lunghissima lista di consigli, cose da fare, non fare, dire, non dire, dare, non dare al mio cucciolo in arrivo. Sembra che una robusta quantità di donne di età variabile – che siano mamme dal giorno prima o da cento anni prima –, non aspettino altro che lanciare perle di saggezza come se fossero coriandoli di carnevale o riso da lanciare agli sposi. Quando la pancia iniziò ad essere evidente, capitava spesso di essere una sorta di pungiball, dove alcune si raccomandavano con me di non mangiare cose crude, di non fare sforzi, non dare latte artificiale, non partorire con il cesareo, oppure vomitare racconti tipo film horror raccontando dei problemi avuti durante il parto.

Cercai di fare tipo scimmietta saggia: non vedo, non sento, non parlo; in modo da uscirne poco condizionata ma curiosa di scoprire come sarebbe stata la mia vita nuova.

Partorii prima del previsto, durante uno dei controlli i medici si resero conto che Vittorio aveva tre giri di cordone intorno al collo. In serenità telefonai a casa chiedendo di portare qualcosa a caso, visto che non avevo fatto nessuna borsa per scaramanzia, e Vittorio nacque con la sua voce fortissima, dimostrando a tutti di essere prontissimo!

Fu un’emozione unica il fatto di sentirlo gridare. Durante la pulizia e i controlli immediati dei pediatri, me lo avvicinarono al viso e lui si calmò immediatamente, riconoscendo credo la mia voce che lo stava salutando. “Mi ha riconosciuta?” chiesi con sorpresa all’infermiera. Lei rispose: “Beh, certo! Sei la sua mamma!”.

Quello fu il momento più bello, l’inizio di una nuova vita. Da mamma.

Alla fine, nonostante la lunga lista di doveri e responsabilità di ciò che avrei dovuto fare, insegnare e negare a mio figlio, imparai con il tempo una delle cose più importanti dell’essere diventata madre: non siamo noi che insegniamo ai figli, sono loro che insegnano a noi un nuovo stile di vita. Ci fanno scoprire di avere qualità, pregi e difetti che possiamo correggere, e tanti grandi super poteri che eravamo convinte di non avere prima del loro arrivo.

Riuscire a fare unmilionenovecentotrentasettemilanovecentotrenta cose in una sola giornata, mantenere la calma serafica anche nei momenti più drammatici o ansiogeni, riuscire ad essere lucide e operative anche con pochi minuti di sonno, riuscire a lavorare organizzando le giornate senza soffrire noi o far soffrire loro. Tanti superpoteri che pensavamo fossero molto lontani da noi, ma che riusciamo a mettere in pratica, facendo andar via una lunga lista di ansie vissute durante la gravidanza.

Vittorio venne con me a lavoro, insieme alla tata, per tutto il periodo dell’allattamento. Passavo la notte con il tiralatte, in modo che avesse i biberon a disposizione durante la mia giornata di lavoro in cucina, ogni tanto me lo facevo portare per un bacio e un carico di coccole. Arrivammo all’estate in pieno svezzamento in Sardegna: io facevo stagione in un ristorante, lui e la tata vivevano vicino a me, in una casa vicina, in modo da poterci fare un bagnetto al mare insieme i durante le mie pause.

I bambini ci insegnano a saper trovare sempre i nostri momenti migliori, da trascorrere insieme nonostante la stanchezza, la giornata stressante, con leggerezza, tranquillità, spensieratezza.

Tutto il resto vien da sé.